giovedì 10 marzo 2011

Incroci di cicli




Si era crocifisso al manubrio con viti da sette,

le glover incastravano i palmi sui dadi ed il sangue entrava tra i cuscinetti,

le sfere ruotavano, lubrificate dalla viscosità del colesterolo.

Questa catena di ordito liberava il passo su un telaio sbagliato.

E chi lo guardava stringere i denti come freni stridenti in discesa

si chiedeva dove andasse a portare le ruote.

Finchè, con i raggi ben oltre il tramonto

i fanali illuminarono l’ultima pista, laddove l’asfalto finisce,

e poi la dinamo cedette di colpo.

Buio.

Inevitabile, crudele impatto.

La sella, solitamente così attaccata ai culi degli altri, fu,

in questo caso, molto propensa a particolati tipi di aborto.

Poi fracasso di lamiere, rumore di budella trafitte da leve, pedali incastrati nelle tibie,

urla, raschi, schegge, schizzi,

pali incrinati sulla carne viva.

Viva...

Forse però riesco a recuperare il parafango posteriore.