Dicevano
che Bragamago fosse il più grande dei pastori.
Possedeva
un grosso gregge di pecore dalle dimensioni imponenti che vantavano un’insolita
intelligenza.
Non aveva bisogno di cani guardiani, visto che erano le stesse pecore
che riuscivano a gestirsi tra loro per evitare di allontanarsi dalla fattoria, rischiando
di perdersi o diventare preda di altre situazioni sconvenienti.
Alla
fine del mese le pecore andavano da Bragamago e gli riempivano il magazzino di
ingenti quantità di lana, che permettevano al pastore di vivere degnamente.
Tutto questo senza
parlare del latte, per il quale le pecore si mungevano le mammelle l’una con
l’altra. Esso veniva venduto in tutta la regione in grandi brocche, oppure
trasformato in mozzarelle e caciotte delle più diverse varietà.
In
cambio di questa devota collaborazione, le pecore avevano ottenuto dal loro
padrone, oltre all’erba fresca e profumata del monte su cui sorgeva la
fattoria, il privilegio di non essere usate come cibo, di morire di
vecchiaia ed addirittura di ricevere una religiosa sepoltura.
Quando
il pastore aveva bisogno di mangiare carne di pecora, esse andavano a
catturare una di quelle che crescevano spontanee nei boschi dietro la rupe di
Wlughijte, oppure le rubavano dai greggi di qualche pastore ubriacone irresponsabile, di quelli
che secondo loro non erano in grado di avere a che fare con le pecore.
Bragamago
era un uomo fortunato nella sua semplicità, però era un uomo sostanzialmente
solo, per cui siccome aveva sempre vissuto tra le pecore, un pomeriggio amò la
più bella tra di loro e ne nacque una figlia, Coilìpe, che tempo dopo divenne
una graziosa ragazza dai capelli candidi e soffici come la lana.
Un
giorno soffiò sul monte un vento cattivo.
Quando
i lunigimagghi arrivarono nella fattoria di Bragamago, sua figlia Coilìpe
dormiva nella sua torre con i tappi alle orecchie, perché quando le pecore si
svegliavano ed andavano a bere il caffè, avevano la cattiva abitudine di far
sbattere le porte in continuazione, ed a Coilìpe piaceva dormire fino a tardi.
I lunigimagghi non arrivarono con buone intenzioni, essi volevano occupare la
fattoria di Bragamago perché la consideravano un posto strategico per dominare
la rupe e la gola sottostante, così potevano attendere il passaggio dei fenofi
e lanciargli dall’alto oggetti acuminati, liquidi bollenti e birra sgasata, a
mo’ di spregio.
I
lunigimagghi erano esseri sinistri che normalmente avevano l’aspetto di
ragazzetti gracili e senza filetto.
Erano
sempre in cerca della provocazione, però se per qualunque motivo si reagiva con
la violenza al loro modo di fare fastidioso, essi si trasformavano in mostri
possenti e spietati ed a quel punto non c’era grande possibilità di scampo.
Bragamago
cadde nell’errore di affrontarli, perciò i lunigimagghi dopo aver cambiato le
loro ingannevoli sembianze, ci misero poco a massacrare bestiame e pastore, malgrado i poveretti si difendessero con orgoglio.
Per
fortuna, prima di capitolare, Bragamago vide in lontananza il montone Murgi, il
quale tornava dal bagno dove si trovava mentre era capitato tutto, così riuscì
ad urlargli di correre a svegliare Coilìpe e prendersi cura di lei.
Con
la ragazza sulla groppa ancora alle prese con il suo atroce risveglio, Murgi fuggì
velocemente attraversò i batuffoli di lana delle povere pecore uccise, che
volavano lenti sull’erba del pendio.
E
così in quel giorno crudele vi furono due nubi soltanto, candide e perdute, che
riuscirono ad allontanarsi dall’infausto monte.
Coilìpe
ed il montone Murgi, che tra l’altro si dà il caso fosse lo zio della ragazza,
fuggirono nei boschi a ridosso dei laghi Farfumi, non sapendo che quella strada
li avrebbe portati dritti dritti all’accampamento dei fenofi.
Il
guerriero Zagrapalpe, che si trovava in acqua per farsi il bagno ed ad
arricciarsi i peli del petto, riuscì per fortuna a bloccare in tempo il montone
e colei che lo montava, perché conoscendo il carattere di colui che si trovava a
guardia dell’accampamento, cioè Baltrahm, i due rischiavano di essere affettati
in un solo colpo dalla sua potente ed enorme scure, come succedeva ogni volta a
chiunque entrasse nell’accampamento troppo velocemente, e Baltrahm non era uno
che chiede facilmente scusa.
Proprio
il giorno prima avevano fatto una brutta fine due cinghiali ed un centometrista.
Coilìpe
e Murgi vennero portati nella tenda di Efno, dove svelarono l’insidioso piano dei
lunigimagghi ai generali e veniva servita loro una zuppa di cipolla rossa,
zampe di orso e fiori di zucca, come da usanza fenofa per curare i cuori afflitti.
Decisero
di prepararsi bene per far passare la carovana attraverso la gola, vennero
costruiti dei baldacchini di fortuna con gli scudi dei guerrieri ed i sanitari
dell’accampamento. Qualcuno con la barba particolarmente lunga se la impregnò
di calcestruzzo e si costruì una tettoia personale, per sé e per la propria
famiglia. Le barche vennero rovesciate e sotto vi si rifugiarono centinaia di
donne, bambini, vecchi e uomini delicati, sotto la scure di Baltrahm invece se
ne ripararono un’altra sessantina, viste le dimensioni dell’arma.
L’unico
problema, semmai, era la testa calda di Baltrahm, ma decisero che gli avrebbero
messo vicino un paio di ragazze che raccoglievano fiori e gli raccontavano le
sue filastrocche preferite, oltre a quattro stambecchi, perché a Baltrahm
piacevano molto gli stambecchi e lo avrebbero tenuto calmo di fronte alle sfrontate
provocazioni dei lunigimagghi.
Nella
gola le voci da imbecilli dei lunigimagghi riecheggiavano come urla di animali
affamati e storpi.
Con
le loro fesserie anticiparono l’immane lancio di oggetti di ogni sorta: calzini
sporchi pieni di denti marci, coltelli da pesce arrugginiti, siringhe usate,
cornici con foto di suocere, bollette da pagare avvolte intorno a pietre
focaie, spugne piene di peli, banconote false, fiale piene di flatulenze
esplosive, vomito di cane bollente, birra calda sgasata ed altri tipi di
cianfrusaglie che farebbero innervosire chiunque le ricevesse addosso.
I fenofi erano quasi arrivati a metà del percorso e non c’era stato alcun
problema, a parte quando un cerotto sporco di pus lanciato dall’alto stava
quasi per colpire lo zoccolo posteriore destro dello stambecco preferito di
Baltrahm.
Per fortuna non successe nulla perché la filastrocca che la ragazza
bruna stava raccontando a quest’ultimo era arrivata al culmine narrativo,
ciononostante furono attimi di grande tensione e tutta la carovana trattenne il respiro per qualche secondo.
Insomma,
stava andando tutto bene, finché un lunigimaggo insultò pesantemente la ragazza
in groppa al montone, e le lanciò un paio di mutande di lana che diceva aver
ricavato dalla di lei madre e che aveva indossato nella notte passata per
impregnarla della propria straripante incontinenza.
Coilìpe
non ci vide più e saltò via dal dorso di Murgi, arrampicandosi alla roccia con
i ferri da maglia dai quali non si separava mai, così in poco tempo arrivò
sulla vetta dove afferrò il bavero del lunigimaggo. Ben prima che potesse
colpirlo accadde l’inevitabile, la trappola aveva funzionato per l'ennesima volta.
I lunigimagghi da trasformati erano particolarmente rivoltanti, sembravano
insetti giganti, alti quanto quattro o cinque uomini, con lunghe zampe pelose,
un esoscheletro segmentato, un po’ di occhi sparsi sulla testa ed una volgare
bocca bavosa. Per non parlare del fatto che indossavano discutibili mocassini
gialli con fibbie griffate oppure sandali infradito decorati con strass.
Alcuni
degli osceni esseri scesero agilmente nella gola per bloccare la carovana
fenofa, ma i prodi guerrieri non si diedero indietro per difendere la propria
gente e fu subito un combattimento molto duro.
Coilìpe
si trovava tra le grinfie del lunigimaggo che l’aveva insultata ed era sparita oltre la roccia, sicché Murgi, preso dalla preoccupazione, galoppò su tutto il fianco della montagna per salire a salvarla.
Tre lunigimagghi avevano bloccato la scure di Baltrahm, non considerando che un
uomo per quanto fosse un nano tra i giganti, se era in grado di maneggiare
un’arma alta come sessanta uomini e dal manico largo come un bisonte, era
sicuramente un osso parecchio duro da spolpare, nonostante lottasse a mani nude.
Colui che non si era ancora visto da prima dell'attacco, spuntò come una freccia dalle rocce del monte, dove era andato a prendere i nemici nei propri nascondigli.
Trasportava
per il bavero un lunigimaggo e si aggrappò con le unghie di una mano alla
parete opposta, mentre con l’altra mano prese a sbattere ripetutamente la testa del
mostro sulla pietra robusta. Poi prese un secchio con della birra calda, la
stessa che i lunigimagghi stavano lanciando ai fenofi, e gliela fece bere tutta
d’un sorso, perché lui, Efno, certi affronti non li poteva accettare.
Quando
quelli che trattenevano la lama della scure di Baltrahm se la fecero sfuggire,
con essa e con l’energia liberata dalla trattenuta, il guerriero squarciò i tre
lunigimagghi e tutto un fianco della montagna, da cui ne caddero molti altri
che erano rimasti di sopra a lanciare massi.
Da
quel momento i guerrieri fenofi si scatenarono poiché non si trovavano più in
una posizione di svantaggio rispetto a quegli abomini fastidiosi, addirittura
Zupèrtipe dette sfogo alla sua celebre pratica chiamata Khap-E-Khap, che
consisteva nel prendere due nemici per le teste e sbattergliele l'una all'altra con uno
schianto rimbombante.
In
alto, nella zona nascosta che corrispondeva alla fattoria della buonanima di
Bragamago, vi erano altri lunigimagghi, però di Coilìpe e Murgi non si era
saputo più nulla, al che Zagrapalpe che era preoccupato per la ragazza, verso
la quale provava anche delle simpatie, chiese a Vaqnoke di essere lanciato sulla
montagna.
Vi
trovò la ragazza e il montone sulla torre, con uno stuolo di lunigimagghi che
vi si stavano arrampicando, ad allontanare i quali Murgi ci provava a via di
sputi.
Zagrapalpe
raccolse da terra uno di quegli spiedi molto lunghi con cui i lunigimagghi si
erano fatti gli arrosticini la sera prima, e siccome era un giovanotto molto
atletico, si aiutò con esso a saltare sulla cima della torre, però proprio
mentre stava per raggiungerla, un mocassino di cattivo gusto lo colpì sotto il
mento ed il guerriero si trovò sbalzato di nuovo verso la rupe, dal lato più
ripido.
Coilìpe,
che nel frattempo aveva recuperato dalla sua stanzetta i gomitoli migliori,
lavorò velocemente a maglia una sciarpa lunghissima alla quale Zagrapalpe si
aggrappò, salvandosi la vita.
Così
Coilìpe ebbe un’intuizione, risalì in groppa a Murgi ed i due si lanciarono sul
fianco della torre.
Mentre
Murgi continuava a sputare a destra e a manca, la ragazza fece in fretta un
enorme maglione con cui imbrigliò tutti i lunigimagghi per le zampe ed essi non
poterono più muoversi, rimanendo impotenti a contorcersi ed imprecare.
Quando
giunsero gli altri fenofi, a tutti i lunigimagghi venne fatta bere la birra
calda prima di essere uccisi.
Efno
ordinò che uno di essi venisse lasciato in vita, poi chiamò tutti i bambini e
li fece divertire colpendo il mostro a calci e pugni. Qualcuno attaccò la
propria gomma da masticare nel naso del lunigimaggo e qualcun altro vi ci fece
anche la pipì sopra, tra il divertimento degli adulti tutti intorno,
specialmente Baltrahm che si faceva grasse risate.
Poi
lo liberarono ed Efno gli disse: “Va’ da Venomenovf e digli che la prossima
volta ci mandasse contro dei lunigimagghi più forti”.
E
così, assieme a Murgi e Coilìpe, i fenofi ripresero la marcia verso la
riconquista del proprio perduto regno.